Milleluci – Rubbio (VI)

Elvis, il cuoco di montagna.

Io ho avuto modo di conoscere Elvis circa quattro anni fa, grazie alla mitica Cinzia Boggian: era un sabato ed ero alla ricerca di un posto interessante dove andare a cena quando lei mi suggerì di andare al Milleluci di Rubbio (VI).

Il sito web era diverso da quello attuale, molto più spartano, ma mi piacque subito l’idea di assaggiare una cucina molto radicata col territorio e, in particolare, legata a doppio filo con la montagna (che io preferisco nettamente al mare).
A ciò si aggiunga che il suggerimento mi proveniva da una persona che ha una cultura enogastronomica di grandissimo livello.

Dopo essere impazzito per capire dove accidenti fosse Rubbio, ma soprattutto per capire come si facesse a prenotare, mi è corsa in soccorso sempre Cinzia che si è offerta di farlo per me, visto che Elivis è anche un suo amico e con lei condivide la passione per la moto.

A prenotazione avvenuta mi metto in macchina e subito scopro che per arrivare a Rubbio ci vuole circa un’ora e quaranta minuti…

Lasciando il passato alle spalle, da allora, il Milleluci, è divenuto un ristorante costituisce una tappa fissa della mia primavera/estate gastronomica.

Innanzi tutto, c’è da dire che Rubbio è a 1.057 metri d’altezza il che vuol significa che, anche quando fa caldo, lì c’è sempre un bel freschetto e questo, per me, è fondamentale; quando nella bassa, non c’è la classica foschia da calura, il panorama è, ovviamente, qualcosa di splendido (si chiamerà ben Milleluci per un motivo, no?)

Poi c’è la cucina di Elvis che, se si chiamasse Niederkofler, potrebbe tranquillamente dire “cook the mountain”.

È una cucina schietta, genuina, quasi esclusivamente fatta con materie prime di fornitori rigorosamente dei dintorni, quando non è Elvis stesso ad andare in montagna a raccogliere erbe (il che accade molto molto spesso, insieme a suo figlio Giacomo).
Certo, a volte, questa scelta di vita comporta una certa ripetitività negli ingredienti (l’aglio orsino è praticamente ovunque), ma è lo scotto che si deve pagare quando vuoi utilizzare solo quello che la natura ti mette a disposizione in una determinata stagione.

Quando entri nel locale l’impressione è un pochino strana perché, di primo acchito, si ha più l’impressione di essere in un bar di montagna che in un ristorante; anche da fuori la sensazione è più quella di essere in una bar con plateatico.

Tuttavia, appena varcata la soglia d’ingresso, si nota, sulla destra, separata da un piccolo arco, la sala da pranzo: calda, accogliente con pochi tavoli, molti dei quali con la vista panoramica sulla valle.
Ecco, qui, c’è una particolarità… il menù non è sui tavoli, né te lo portano, ma è affisso sulla destra dell’arco che porta in sala da pranzo e devi fargli una foto col cellulare.
La prima volta (che in realtà, in ordine temporale, penso sia stata la seconda) penso di aver fatto un’espressione a punto di domanda, ma poi mi sono detto che così, oltre a evitare di dover stampare millemila volte tutti menù per ogni minima variazione, è più comodo perché ce l’hai sempre a portata di mano.

Il menù scorre tranquillo, senza onanismi gastrofighettari, con piatti semplici, ma non banali, soprattutto dal punto di vista del gusto.

Io mi affido sempre ad Elvis faccio fare a lui.
Questa volta ha tirato fuori dalla sua toque blanche (oggetto che campeggia anche sul suo sito ed è diventato un pochino il suo segno distintivo) due piatti, appunto molto semplici, ma che mi hanno letteralmente inchiodato alla sedia.

Il primo è stato un semplice risotto ai funghi porcini che è riuscito a stupirmi per la morbida cremosità della mantecatura, dolce al punto giusto, goloso, opulento, ma con il sapore dei funghi sempre ben presente.
In tutta franchezza, ad oggi, il miglior risotto ai funghi porcini dopo quello del Miramonti L’Altro di Philippe Léveillé.

L’altra perla è stata l’animella con finferli e aglio orsino dove l’equilibrio tra gli ingredienti, nonostante la presenza di una forte componente tendente al dolce quale e quella dell’animella, riusciva a non risultare per nulla noiosa e, anche qui, il piacevole sentore di funghi rimaneva sempre nel giusto risalto.

Decisamente sottotono, invece, lo spaghetto con gamberi e maggiorana (il nome, onestamente non è questo), ma essendo un piatto che mi ha convito molto poco, probabilmente, l’ho freudianamente rimosso: a mio avviso la pasta era un pochino troppo cotta (confesso che io mangio la pasta alla moda napoletana) e la maggiorana copriva qualunque cosa ci fosse nel raggio di 10 metri….

In conclusione, che dire?
Andare a mangiare da Elvis al Milleluci, anche questa volta, si è rivelata un’ottima scelta: lui, al di là dell’aspetto forse un pochino burbero, è una persona gentile che ama il suo lavoro e mette molta passione in quello che fa.

Come detto in apertura, questo non è un posto in cui devono andare i gastrofighetti, ma persone che hanno voglia di assaggiare quello che la cucina di montagna ha da raccontare nel modo più semplice e genuino.

In realtà ci sarebbe anche un altro validissimo motivo per cui andare, ma non mi va di dirlo, da un lato, perché sono antipatico e, dall’altro, perché sennò poi resto senza…

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