Antica Amelia Bistrot – Verona

Micol Zorzella, chef dell’Antica Amelia Bistrot, dopo la vittoria a 4 Ristoranti, è salita agli onori della cronaca, anche nazionale, perché ha deciso di rivoluzionare (al momento per soli sei mesi) l’organizzazione del suo bistrot: la Chef ha dichiarato che, non trovando più personale adeguato per il suo locale, avrebbe deciso di avere un solo tavolo conviviale da 12 coperti e che lei avrebbe servito anche in sala (qui uno degli articoli a lei dedicati).

Incuriosito dalla cosa, quindi, ho deciso di andare a metterci il naso scegliendo di prenotare per un free table, ossia per una serata in cui, in sostanza, il menù sarebbe stato à la carte; in altre serate, invece, il menù è fisso, a tema.

Devo confessare che se l’idea, nel suo concetto, mi è piaciuta istantaneamente in quanto mi ha portato alla mente esperienze simil omakase, anche stellate, come quella di Felix Lo Basso a Milano, il suo risvolto pratico, al contrario, non mi ha convinto moltissimo e, adesso, vi spiego il perché.

La scelta di avere lo Chef presente in sala, per certi versi, non è una novità: mi sovviene alla mente, ad esempio, il Ristorante ai Coghi (Costermano) dove, appunto, i cuochi hanno sempre servito in sala.
Tuttavia, per poter fare una cosa del genere è necessario che, a fronte di una sala scevra da personale, almeno la cucina sia abbastanza solida e strutturata sennò si rischia di trovarsi davanti a piatti che nascono dalla rigenerazione di preparazioni fatte in altri momenti della giornata.
Questa è la sensazione che ho avuto leggendo il menù e provando alcuni piatti: nessuno dei piatti era, infatti, un piatto espresso; solo su pepe e cacio della Lessinia non posso esprimermi non avendolo assaggiato e, quindi, non sapendo cosa fosse nella realtà.
Con questo non voglio dire che ciò sia sbagliato e che i piatti non fossero buoni, ma la cosa rappresenta un oggettivo limite.

La scelta di non avere personale porta con sé, innegabilmente, un abbattimento importante dei costi fissi del locale e, quindi, i prezzi dovrebbero trarne giovamento.
Nel caso di specie, invece, i prezzi delle pietanze sono assolutamente in linea con quelli di locali (dove si mangia parimenti bene), ma con un servizio completo: ad esempio, la zuppa di cipolle (18,00 euro) ha esattamente lo stesso prezzo di quella di Benda (che ha partecipato alla medesima puntata di 4 Ristoranti) dove in sala ci sono due camerieri e in cucina ho intravisto almeno altrettante persone.

La millefoglie di patate, forse, è il piatto che, nella sua essenza, ha scontato maggiormente il fatto che si trattasse di un piatto preparato prima: la parte di millefoglie più vicina al piatto, infatti, risultava leggermente gommosa.
Il sapore, nel complesso era più che piacevole anche se, a mio gusto, eccessivamente dolce per via dell’importante presenza del miele di castagno in aggiunta alla dolcezza della patata: un pochino di erborinato non avrebbe guastato.

La zuppa di cipolle, invece, è il piatto che mi ha convinto meno.
La zuppa era veramente molto brodosa con poca cipolla; il tomino, buono, ma grande come un francobollo, non aveva la spinta sufficiente ad attenuare la dolcezza complessiva del piatto che, pertanto, risultava nel complesso abbastanza noioso.

Manzo all’olio spettacolare, cotto benissimo.

Un’ultima nota merita l’interessantissima (ben riuscita) idea di sostituire il classico burro da accompagnare al pane con una crema di verze preparata utilizzando gli scarti della verza utilizzata in altre preparazioni: verza, grana, olio e un pizzico di sale e si vola nella golosità… ai limiti delle sostanze che creano assuefazione.

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