Bue Nero – Verona

A Verona, come ho avuto modo di dire più volte, salvo alcune eccezioni, non si mangia particolarmente bene, soprattutto in centro storico, dove fa da padrona una cucina fatta appositamente per blandire il palato dei turisti e dei Veronesi “bene”, ossia coloro che pensano che l’unica bollicina degna di essere bevuta sia il Dompe, ma solo perché, nell’ordine, fa figo, fa vedere che hai gli schei e soprattutto perché lo bevono a Milano.

Ecco, in un contesto come questo, Chiara Pannozzo ha avuto il coraggio e l’intelligenza di portare, a pochissimi metri da Piazza Erbe, il quinto quarto, ergendolo a elemento principe della sua cucina.

Il coraggio si vede nella composizione del suo menù atteso che se, si esclude la classica carne alla griglia (a prezzi assolutamente onesti), negli antipasti, nei primi e nei secondi regnano pressoché incontrastati i tagli bovini “meno nobili”.

L’intelligenza, invece, consiste nel rendere appetibili e fruibili, a pressoché tutti i palati, tagli di carne inusuali e spesso bistrattati ai più senza, tuttavia, stravolgerne totalmente l’essenza.

Personalmente, ad esempio, avrei preferito che nuggets di animella con doppia panatura, salsa BBQ all’italiana, fossero un pochino più spessi: per quanto la panatura fosse semplicemente perfetta (adesa, asciutta e croccante) e poco invadente, lo spessore dell’animella non consentiva, se non dove era appunto più spessa, di godere appieno della sua cremosità e dolcezza.
Mi rendo conto che per molte persone proprio tale consistenza cremosa rappresenti un limite all’approccio, ma per me, pur ribadendo la bontà complessiva, è stato un piccolo colpo al mio cuoricino gastronomico.

92 minuti di applausi (cit.), invece, per la trippa in umido all’amatriciana, olio verde alla maggiorana, fonduta di pecorino, servita con focaccia fatta in casa e guanciale tiepido: trippa croccante, salsa di pomodoro eccellente, un pochino di freschezza dall’olio alla maggiorana e la sapidità derivante dal pecorino.
Ecco, a voler trovare a tutti i costi un difetto, questo piatto l’avrei defighettizzato usando del pecorino in purezza o, comunque, con una fonduta più spinta proprio per accentuare la nota sapida che, in alcuni bocconi, si perdeva un pochino senza che il guanciale, servito tiepido a parte, riuscisse a venire in aiuto.

Come detto, non c’è che dire, il ristorante è molto interessante e si mangia molto bene a un prezzo più che ragionevole, sia per la posizione geografica, sia per le porzioni, tutt’altro che striminzite: gli antipasti possono essere benissimo dei secondi piatti che non ti lasciano per nulla affamato.
Vivamente consigliato andare in compagnia (non gastrofighetti, please) per poter far food-sharing e assaggiare tutto.

Proprio perché ho apprezzato il locale, la cosa che mi è spiaciuta è vedere che di venerdì sera, in pieno centro, tra le 20,00 e le 21,00, vi fossero solo sette commensali, me compreso: spero sia stata una serata no.

Carta vini in fase di rimaneggiamento.

Coperto a 4 euro da abolire, please….

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