La Maison de Filip – Trento

Luci e ombre a La Maison de Filip

Quando ho visto su internet che a Trento aveva aperto un nuovo ristorante gourmet, che si riprometteva di «creare piatti unici e innovativi selezionando materie prime di qualità a seconda di ogni stagione per poter offrire ai nostri ospiti un’esperienza multisensoriale», mi sono ripromesso che alla prima occasione ci avrei messo il naso.

Così è stato.

La proposta gastronomica prevede, in totale, nove piatti salati, equamente suddivisi in antipasti, primi e secondi; in ogni partita, un piatto a base di pesce, uno di carne e uno vegetariano.
A questi piatti si aggiungono tre dessert e tre menù degustazione che rispecchiano i tre elementi, ossia Terra (i tre piatti a base di carne), Acqua (i tre piatti a base di pesce) e Aria (i tre piatti vegetariani), con l’aggiunta di un dessert a scelta.

Ambiente molto minimale con tavolini oggettivamente un pochino piccoli: qualora si fosse a tavola in due persone non ci sarebbe lo spazio vitale.
Personalmente non amo il tavolo senza un minimo di tovagliato (specie se ti fanno pagare il coperto), ma ormai questo è l’andazzo e, quindi, me lo faccio andare bene.
Ho trovato, invece, molto interessante l’idea di mettere il tovagliolo e le posate in un piccolo cassettino sotto il tavolo.

Per la mia cena ho optato per il menù Acqua, ossia per i piatti a base di pesce.

La partenza è con una capasanta, castagna, caco mela e vaniglia.
Onestamente non l’ho trovato particolarmente innovativo, per quanto indubbiamente ben fatto: tutti i sapori, perfettamente riconoscibili, erano al posto loro e il sapore in bocca era molto piacevole.
Quello che mi ha un pochino infastidito, più a livello concettuale che a livello personale, è stato scoprire che la porzione del piatto all’interno del menù degustazione e nella sua versione da portata è esattamente lo stessa: francamente 19,50 euro per una, di numero, cappasanta, per quanto il prodotto possa essere in ipotesi il top dei top, è eccessivo.

Lo spaghettone al nero di seppia con bottarga di tonno e fagiolini ha fatto il suo dovere: nel piatto ho trovato i sapori che mi aspettavo di trovare ossia un’esplosione di mare.
A voler cercare a tutti i costi un “difetto”, in realtà più che “difetti” si tratta di gusti, avrei preferito la pasta leggermente più al dente e ho trovato una punta di sapidità eccessiva; d’altra parte, alla sapidità della bottarga si assommava quella dei fagiolini di mare.
Per chi non lo sapesse (me compreso visto che ho dovuto cercare su internet cosa fosse, considerato che non mi sono stati grandi lumi sul punto), il fagiolino di mare, il cui nome scientifico è l’impronunciabile Himanthalia Elongata, è un’alga marrone dal sapore leggermente iodato che cresce attaccata sulle rocce costiere, scoperta dalle maree, sulla costa Atlantica settentrionale.

Didattico e didascalico il lomo di baccalà, broccolo e cassis.
Anche qui un piatto ben fatto, ma che non trasuda particolare innovazione.
Forse c’era un pochino troppa polvere di olive.
Veramente eccezionali i broccoli sia come cottura che come condimento.

A chiudere un piacevole brownie con pere e passion fruit.

Una grande ombra è stato il servizio.
Non posso dire che ci sia stato qualcosa di realmente sbagliato, per quanto non sia parso eccessivamente coinvolgente, ma ho trovato francamente bruttissimo ed altrettanto infastidente, vedere che uno dei due ragazzi che servivano in sala viveva costantemente con le mani nelle tasche dei pantaloni…
Sempre!
Mentre si aggirava nel locale, mentre parlava con gli avventori seduti ai tavoli, mentre parlava con gli ospiti.
Spesso, mentre girava per il locale, ovviamente con le mani rigorosamente in tasca, con le gambe leggermente divaricate, si tirava su pantaloni scoprendo i calzini.
Veramente bruttissimo da vedere, specie per un locale che, per quanto informale, cerca di trasmettere, comunque, un pochino di tono.

Forse un pochino eccessiva anche la velocità del servizio.
È vero che le cene esageratamente lunghe sono fastidiose, ma qui, a mio modesto avviso, si è gareggiato in velocità: varcata la soglia d’ingresso al ristorante alle ore 20.13 (ho guardato l’orologio perché ero un pochino in ritardo rispetto la prenotazione), uscito dopo aver pagato il conto alle ore 21.40.
In un’ora e ventisette minuti: scelto e seduto al tavolo, amuse-bouche con bollicina di benvenuto, scelta del menù, scelta la bottiglia di vino, servite tre portate salate, pre dessert, dessert e conto pagato…

In conclusione, non posso certamente dire di aver mangiato male o che vi fossero dei piatti sbagliati, ma non ho sicuramente trovato nei piatti la loro promessa di cucina assaggiando delle portate, bene o male già viste e riviste.

Prezzi, a mio avviso, leggermente superiori rispetto alla media considerato che sono quasi a livello di un ristorante mono stella.

Carta vini interessante, con piccole realtà, anche se un pochino risicata.

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