Forme – Brescia

La bellezza di non aver capito un cavolo della cucina di una persona.
O meglio, capire che non hai capito…

Io sono sempre stato un grande fan di Arianna Gatti: la conobbi il 4 agosto 2019 al Miramonti l’Altro quando mi presentò un biscotto di anguilla che ancora adesso ricordo con grande golosità (uno dei primissimi post del mio profilo IG).

Quando ho saputo che avrebbe preso le redini di un suo ristorante, Forme a Brescia, ho voluto essere uno dei suoi primi avventori.

Nella mia testa mi ero raccontato una storia su quella che sarebbe stata l’esperienza gastronomica che avrei incontrato e, mai come questa volta, ho sbagliato tutto.

Partiamo dal fatto che nonostante la fresca apertura, la cucina è quasi al 100%.

Per anni Arianna, in qualità di sous chef, è stata l’alter ego di Philippe Léveillé al Miramonti l’Altro di Concesio (BS) che vanta due stelle Michelin da anni.
Per questo motivo mi aspettavo di trovare le rotondità della Francia con una presenza marcata del burro e del dolce, ma mi sono sbagliato di grosso perché qui si trovano (anche) sapori netti e sapidità importanti, ma sempre ben governate.

Mi ha stupito molto la pulizia del granchio con il latte di cocco perché, sempre nella mia favola mentale, complice anche la presenza del latte di cocco, mi immaginavo sentori tendenti allo stucchevole (complice anche la mise en place coi cuoricini) che, in realtà, non ho trovato: un bellissimo equilibrio tra dolce e salato con uno shottino a base di aceto di riso a ripulire il palato come finale.

Il raviolo di pecora è un’ode alla materia prima con una bellissima nota sapida e con un gradevole retrogusto di pomodoro che ricorda, nel suo complesso gustativo, le ricette della nonna; ne vorresti mangiare una bacinella.

Ho onestamente goduto come un riccio con lo gnocco di sedano rapa, erborinato di bufala, daikon e pera: alla masticazione, ogni gnocco è un’esplosione del ripieno al formaggio blu di bufala che subito viene limata, ma non coperta, dalla nota delicata del sedano rapa e dalla sentore leggermente piccante del daikon fermentato. Anche in questo caso se ne vorrebbe una bacinella.

Piacevolissima e degna di menzione è la sequenza di coniglio e carote.
Già è raro trovare nel fine dining il coniglio, poi, con una cottura rosata come questa è pressoché impossibile. La sapidità del coniglio laccato si smorza elegantemente con le note dolci e leggermente acidule delle carote.
Del coniglio non si butta nulla e, qui, si trova tutto: gyoza ripieno, fegatini in forma di paté e rognoni in insalatina, questi ultimi, forse, un pochino troppo delicati.

Leggermente sottotono il capriolo: la carne era stupenda, tuttavia, la nota affumicata risultava un pochino troppo invadente e coprente, soprattutto per i primi bocconi. Da limare.

Ben fatte, seppur abbastanza didascaliche le lumache mentre, molto golosa, per me che l’adoro, l’anguilla in salmì.

Qualche rodaggio in più sul servizio, ancora, in generale, abbastanza impreciso, o meglio, altalenante in base al singolo cameriere.

Premesso che in apertura si possano ancora avere dei dubbi sulla presenza, o meno, di una certa bottiglia, un servizio eccellente, ossia al livello di questa tipologia di ristorante, suggerirebbe di offrire al cliente un bicchiere di riparazione per l’attesa, soprattutto quando molto lunga: io, nonostante avessi tempestivamente scelto una bottiglia, mi sono trovato a mangiare il doppio servizio di amuse-bouche senza alcun vino di accompagnamento.

Da correggere anche il fatto che appena sia finita la bottiglia dell’acqua, il cameriere ne abbia immediatamente portata e aperta un’altra, senza chiedere: ovviamente non si discute della cosa per i tre euro della bottiglia, ma essendo a (giustamente) pagamento, l’eventuale refill dovrebbe essere una scelta del cliente.

Ciò detto, è stata una cena molto piacevole, certamente di alto livello com’era lecito aspettarsi dalla Chef: ricordiamoci, infatti, che stiamo parlando di una grandissima professionista, di fatto, una Chef da due stelle Michelin, quindi, è pressoché certo che i meritati riconoscimenti potrebbero non tardare a far capolino.

Carta vini interessante anche se ancora un pochino acerba.

Due menù degustazione, rispettivamente, a 75 o 95 euro.
Alla carta, con tre portate, si riesce a stare sotto i 70 euro.

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