Materia * – Cernobbio (CO)

Ma allora è possibile!

Giustamente vi chiederete cosa….
Allora è possibile mangiare in un ristorante stellato che presenti piatti interessanti (e qui mi spoilero il finale) senza avere una location e un servizio che ti facciano sentire a disagio in ogni singolo istante della cena.

Onestamente quando sono arrivato con la macchina fuori da Materia sono rimasto un pochino stupito.
Dal sito (forse fatto con la consulenza di un agente immobiliare per quanto riguarda azzeccare le posizioni giuste da cui fare la foto) mi aspettavo un ambiente iperformale in cui tutto fosse tendente all’asettico…
Invece, mi sono trovato un ristorante assolutamente normale (*), con camerieri molto simpatici e, anche loro, assolutamente normali: niente manici di scopa nella schiena, ma un servizio preciso, pulito, cortese e con il sorriso sulle labbra, il tutto in un contesto informale.

Passando alla parte food, finalmente, ho trovato un posto in cui lo Chef non andasse in cerca di piatti banalmente confortevoli e di preparazioni che potresti trovare ovunque, ma l’esaltazione della materia prima.
Alcuni diranno «sai che novità» visto che si chiama Materia, ma non occorre un genio per ricordare che non sempre nomen est omen.
Per carità, non erano piatti che ti prendevano a schiaffi il palato, ma certamente molto intriganti dal punto di vista degli abbinamenti e del risultato finale in bocca.
Nella mandorla alla base della mozzarella di bufala, ostrica e cicoria ho ritrovato, finalmente, la pulizia e l’intensità del sapore di una mandorla, così come nel pistacchio (salato) alla base della lattuga arrosto.

Un bellissimo esercizio di equilibrio dei sapori, nonché primo piatto che mi ha veramente colpito, è proprio la mandorla, mozzarella di bufala, ostrica e cicoria: tralasciando, come poco sopra detto, la profondità del sapore della mandorla (mi ricordava molto quella di Niko Romito), ogni ingrediente era perfetto, nitido e sempre riconoscibile (dolce, sapido e amaro) con diversi livelli di masticazione.
Tanti piccoli picchi che creavano dei micro contrasti, complici anche le diverse consistenze, che, però, alla fine, chiudevano il piatto perfettamente in linea.

Coi bottoni di animelle di vitello in brodo di cipolle e rosmarino ho provato, la tanto bella quanto inaspettata, sensazione di masticare una vera e propria animella, con la sua caratteristica consistenza morbida e dolcemente cremosa, ma avvolta in uno scrigno di pasta all’uovo.
Inutile dire che il risultato (c’è sempre qualche minus habens che mi legge) non deriva dal fatto che dentro il bottone ci fosse un pezzo intero di animella, ma da un lunghissimo lavoro di preparazione e dalla grande quantità di lipidi all’interno della ghiandola che, una volta lavorati, tendono, comunque, a riprendere la loro consistenza.

Che un amante della ciccia come il sottoscritto provi un brivido lungo la schiena con un piatto vegetariano è qualcosa di assolutamente inconsueto, ma è ciò che è accaduto con la lattuga arrosto e pistacchio.
Al di là dell’impatto leggermente destabilizzante di trovare una crema di pistacchio salata quando si è soliti trovarla dolce e stucchevole, sono rimasto letteralmente basito dall’effetto che la crema aveva sul sapore della lattuga arrosto allungandone a dismisura la persistenza.

Molto buono anche se abbastanza didascalico il piccione in doppio servizio.
Il petto, tuttavia, a mio gusto, era un pochino troppo cotto, ma sono gusti personali.
Molto equilibrata ed educata la crema di peperone in accompagnamento.

Mi ha convito pochissimo il borsat, kefir di pecora e olive nere non tanto per il sapore del borsat (**), che era veramente delizioso, quanto per l’eccessiva intensità delle olive nere che hanno annullato totalmente il gusto della carne.

Analogamente ho trovato la zuppetta di cozze, asparagi bianchi fermentati e aglio orsino un pochino troppo alta di sale.

Come detto, finalmente un posto senza eccessivi fronzoli, con un servizio piacevole e non ingessato, dove si mangia bene con piatti certamente interessanti e abbastanza fuori dal coro per gli standard di monotonia che la Rossa ormai dispensa a piene mani in Italia.
Confesso che l’hype iniziale era molto molto più alto, ma alla fine nessuna delusione e mi sono divertito il giusto.

Due difetti, però…
Da un lato la cena è stata oggettivamente velocissima: seduto a tavola alle 19:40, bottiglia di vino sul tavolo alle 19:55 e piccola pasticceria servita con l’amaro alle 21:33.
Capisco che a tavola non si debba far la muffa, ma con 12 portate (più amuse-bouche e piccola pasticceria) in poco più di un’ora e mezza, siamo ai limiti della gara di velocità.

Anche qui il coperto a parte con il menù degustazione…

(*) Per quei quattro beoti che su Tripadvisor si domandano come sia possibile che un ristorante con una location del genere possa avere la stella, faccio presente che le stelle riguardano SOLO la cucina…
Senza contare che preferisco mille ristoranti come questo ad altri iper gastrofighettari, con un servizio ingessato, dove la noia dei piatti regna sovrana…

(**) Piatto tipico del Livignasco costituito di sacche di pelle di pecora riempite con carne e grasso dell’animale stesso

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