La Madonnina del Pescatore ** – Senigallia (AN)

Per tanti anni, per motivi insulsi o forse per compagnie pari, non sono mai riuscito a mettere i piedi sotto la tavola di questo ristorante.
Anzi, rincaro anche un pochino la dose: non so perché, ma Moreno Cedroni, a vederlo su Youtube, non mi ha mai ispirato particolare simpatia.

Ecco, questo pranzo è la prova provata che non bisogna mai lasciarsi fuorviare dai preconcetti o dalle sensazioni non suffragate da alcuna base, anche solo indiziaria.

Da Moreno Cedroni, a la Madonnina del Pescatore, non solo ho pranzato veramente molto bene, ma, ciò che mi ha veramente stupito, è che sono stato anche meglio.

Un paio di volte ho partecipato alla giuria tecnica di Emergente Sala e, con i miei compagni di avventura, abbiamo sempre premiato e valorizzato il personale di sala che riesce a creare quel rapporto di formalità/confidenza che fa sì che ti senta a casa: io odio quei ristoranti (potrei fare nomi) in cui il cameriere ti tratta con sufficienza, con distaccato fastidio, come se tu fossi lì per essere valutato e soppesato, per capire se ti possa permettere (non solo in senso economico) il posto in cui sei seduto.

Ecco, La Madonnina del Pescatore è stata l’esatto opposto di quei postacci: una sala adorabile, precisa e puntuale nel servizio, ma con uno spirito leggero, con una battuta intelligente, con il sorriso sulle labbra.
Dopo i primi due minuti che ero seduto a quel tavolo, mi è sembrato di essere loro cliente da secoli.

Ma ciò che mi ha veramente stupito ancor di più, se possibile, è stato proprio Moreno Cedroni (rammentiamo per quei due o tre che non lo sappiano che ha due stelle Michelin) che ha incarnato l’essenza più pura dell’essere un oste: sorriso, aggregazione, gioia, confessione e libertà.
Tralasciando gli chef con cui ho una conoscenza pluriennale è stata la prima volta che, in un ristorante di questo livello, ho trovato tanta disponibilità, simpatia ed empatia.

Passando al settore cucina, come non elogiare la lavorazione del pesce frollato?
Sono anni che Cedroni lavora su questo progetto e si vede perfettamente.
Mi hanno letteralmente confuso il lardo di spigola cilena e la ventresca di tonno e senape in grani: il primo, in particolare, mi ha veramente dato la sensazione di mangiare un ottimo lardo di Colonnata, con solo, alla fine, un lungo sentore di mare piacevolmente persistente in bocca.

Onestamente, tutti i piatti sono stati veramente eccellenti: il pesce, per quanto lavorato (mai eccessivamente e mai snaturato), e abbinato ad ingredienti, anche complessi, riusciva a venire sempre fuori in tutto il suo fulgore.
Solo la carota, maionese di cozze, piede di cornucopia e polvere di carote viola, non mi ha convito del tutto in quanto il sapore del percebes risultava veramente molto ancillare rispetto al resto del piatto.
Ad onor del vero, confesso che io adoro mangiare questo costosissimo ingrediente galiziano nella maniera più pura possibile, ossia, così com’è, semplicemente sbollentato pochissimi secondi, in acqua e allora.

C’è un adagio che dice: vuoi mettere in difficoltà il migliore degli chef? Chiedigli una pasta al pomodoro.
Qui, ovviamente, siamo sul mare, quindi, non si parla di pomodoro, bensì di vongole, tuttavia, come rating di difficoltà siamo certamente alla pari.
Ad un certo punto del pasto, scherzando con Cedroni, è venuto fuori il discorso del ricordo dello spaghetto a mezzanotte, ossia generalmente l’aglio, olio e peperoncino, ma come detto, siamo al mare: mi è arrivato, come piccolo intermezzo inaspettato, il miglior spaghetto alle vongole che io ricordi aver mai mangiato.
Ancora adesso, distanza di quasi due settimane, ho il sapore della vongola ancora vivo nella mia testa.

Una menzione finale, per me abbastanza inconsueta, merita il reparto dolci: oltre ad essere oggettivamente scenografici, li ho apprezzati per il loro equilibrio, ma soprattutto per la loro dolcezza educata, mai stucchevole.

In conclusione, confesso, mi sono innamorato di Moreno Cedroni e de La Madonnina del Pescatore.

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