Aqua Crua * – Iniziazione 3

Per quanto, anche su queste pagine, sin dall’inizio, avessi manifestato la volontà di non piegarmi all’imposizione di Giuliano Baldessari, il mio lato curioso ha avuto il sopravvento e, quindi, sono arrivato alla fine del cursus honorum ed ho provato il tanto agognato terzo livello, ossia Iniziazione 3.

Questo articolo sarà un pochino diverso dal solito perché non ci saranno le foto dei piatti che ho mangiato, ma ci saranno solamente delle considerazioni volanti.

Questa scelta nasce, sia dal fatto che espressamente mi è stato chiesto di non diffondere le immagini dei piatti, sia dal fatto che sono certo che Giuliano li cambierebbe in poco tempo, anche solo per farmi dispetto.
Voi direte: «ma il cambio dei piatti avviene anche quando si va normalmente in un ristorante, anche per la semplice stagionalità dei prodotti».
Corretta osservazione, e, infatti, il vero motivo per cui non pubblicherò le foto, al di là della richiesta, risiede nel fatto che non voglio togliere l’aura di mistero che avvolge (con un’abilissima mossa di marketing) questo terzo livello.
Visto che ci sono cascato io, è giusto che ci caschiate anche voi!

Non c’è che dire, è un menù sicuramente molto trasgressivo e fatto appositamente per stupire e, forse, per mettere alla prova lo stomaco dei commensali: nel corso della cena, infatti, vengono proposti ingredienti che difficilmente si possono trovare in un menù e che sono potenzialmente impattanti dal punto di vista psicologico.

Ad esempio, voi mangereste mai un fuco?
Ecco, il fuco era uno dei piatti presenti nel menù.

In realtà ho scelto proprio l’esempio del fuco, ma potrebbe valere anche per il fungo parassita dei cervi, in quanto si tratta di ingredienti che non spiccano per sapori particolarmente coinvolgenti o strani: nel caso del fuco, servito da solo, non aspettatevi richiami al miele in quanto i maschietti delle api non hanno nulla a che fare con tale prelibatezza, ma un sapore vegetale, non particolarmente spiccato che mi ricordava vagamente la carta bagnata.
La domanda, quindi, guardando solo il punto di vista gustativo è cui prodest?

In altri termini, per tutta la cena, dipanatasi in 13 portate, il palato non ha subito particolari stimolazioni trovandosi di fronte a piatti quasi sempre molto educati ed equilibrati: anche l’uovo centenario in cui le caratteristiche note di zolfo e ammoniaca sono generalmente parecchio impegnative, risultavano essere molto smussate, immerse in sentori leggermente agrumati ed erbacei.

L’unico piatto che ha fatto eccezione è stata la “pillola rossa”.
L’utilizzo delle gocce di CDB ha portato una sferzata violenta amaro/vegetale, lungamente persistente (alla fine travalicherà i confini del piatto) che, però, trovava un temporaneo ammansimento grazie al mix tra rotondità e grassezza nato dall’incontro tra un brodo doppio, dei passatelli sottilissimi e una spuma di pecorino.
Mi sono sentito preso letteralmente a schiaffi e mi è piaciuto parecchio.
Anche qui, ovviamente, due ingredienti molto strani, ma, per dispetto, non vi dirò quali sono…

Tra i piatti canonici meritano un plauso le lumache (con polipolio, artemisia, rafano, dragoncello e limone) in quanto, sia per consistenza che per pulizia del sapore, si collocano in vetta alla mia personale dream list.

Riprendendo l’abitudine dello Chef di cucinare in latex «in modo tale da inibire completamente gli altri sensi e concentrarsi esclusivamente nel gusto», al momento del servizio della portata che vedete in foto le luci calano, ti vengono porte delle cuffie per eliminare quasi totalmente i rumori che ti circondano e sei costretto a mangiare il piatto direttamente dal tubo di vetro nero, senza poterlo minimamente vedere o annusare: solo una nota di burro aromatizzato.
Vi garantisco che mangiare una portata potendo far affidamento sul solo senso del gusto diventa veramente molto impegnativo, ma certamente divertente: solo al terzo boccone sono riuscito ad individuare, con un discreto livello di approssimazione, cosa stavo mangiando.
Considerate che anche molti sommelier vanno in pallone quando fanno degustazioni alla cieca in bicchiere nero: la nostra mente, soprattutto grazie alla vista, indirizza il palato nella ricerca dei sapori anche in base a quello che vede tant’è che, di base, nessuno, bevendo un vino rosso rubino, direbbe che si percepiscono sentori di agrumi…
Al primo boccone, infatti, ero totalmente fuori strada…

Come detto in apertura, solo in pochissimi episodi, a fronte di una serie continua di violente provocazioni mentali, il gusto è rimasto sovraesposto a stimoli impetuosi e sapori fuori dal coro.
Indubbiamente, dietro a questa calma si cela una ricerca maniacale dell’equilibrio, frutto della indiscussa tecnica dello Chef, votata a trasformare in confortevole anche ciò che apparentemente non lo era, o meglio, forse, a trasformare ingredienti mentalmente difficili (ma dal sapore docile) in qualcosa di facile da mangiare.

La cosa può piacere o meno.
A me, in tutta franchezza, non ha fatto impazzire perché mi aspettavo di essere stupito molto di più anche dal punto di vista gustativo.
Ipotizzo, tuttavia, che la scelta di preparare un terzo livello un pochino cerchiobottista sia frutto della, più che legittima, necessità di far quadrare i conti a fine mese.

Nel complesso, esperienza promossa, ma con un voto che si attesta su un 7,5.

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