Partiamo dalla premessa che capire dove diamine si trovasse il ristorante, e, in particolare, la sua entrata, è stata un’impresa abbastanza epica: mentre attendevo che la mia Ospite arrivasse ho dovuto controllare su Google Maps per tre volte per capire se fossi nel posto giusto.
La magra consolazione è stata che anche gli altri avventori che si avvicinavano al ristorante avevano la mia stessa faccia smarrita.
Partendo dal fondo, considerato che, sul web, ormai, il livello medio di attenzione è di pochi secondi, inizio subito col dire che la sala è stata imbarazzante, mentre la cucina, nonostante alcuni (troppi) errori di cottura, sparpagliati lungo tutta la cena, non è stata male, anche grazie alle ottime materie prime.
Sala round one: primo errore, il più veniale e perdonabile (per quanto evitabile).
Ero stato invitato a cena da una persona, di sesso femminile, che era stata in quel ristorante altre due volte, ovviamente, in compagnia di altre persone tra cui, naturalmente, io non figuravo.
Ecco, in questi casi, mai accogliere l’ospite che torna, con uno sconosciuto, con un “bentornato”.
Per quanto possa apparire un segno di gentilezza, non potendo sapere cosa mi fosse stato detto con riguardo a quel posto e quali fossero i suoi rapporti con me, il rischio di mettere l’ospite in forte imbarazzo era dietro l’angolo: nel nostro caso, per carità, era una semplice cena di lavoro, quindi, nessun problema.
Tuttavia, se si vuole fare ristorazione di livello, è un’accortezza da tenere sempre sempre a mente.
Sarà il cliente abituale, nel rispondere al vostro saluto neutro, a farvi capire come gestire la situazione e il prosieguo della serata.
Sala round two: secondo errore, la carta vini. Molto molto spiacevole.
Chiedo la carta vini e mi viene subito portata.
Per inciso, l’ho trovata molto commerciale e poco profonda, sempre con i soliti nomi già visti ovunque, zero ricerca. Vabbè…
Dopo una ventina di minuti si accomodano accanto al nostro tavolo due ragazze, come si direbbe in termini polizieschi, “note all’ufficio”.
Dopo poco viene portata loro una specie di “Bibbia” ben rilegata, con le pagine in cartoncino bello spesso che, a occhio, pare essere in tutto e per tutto una carta vini (a sentimento pure più corposa).
Stupito, alla prima occasione chiedo alla Cameriera cosa fosse quella “Bibbia” e lei, scherzosamente, mi dice che quella è effettivamente la “Bibbia” (usando proprio quel termine) e mi conferma che quella è la carta vini.
Al che, ovviamente, chiedo la spiegazione del perché a noi non avessero portato quella carta vini, ma una (apparentemente) più ridotta.
La risposta parte bene, ma finisce malissimo: “sa, voi avete il tavolo leggermente più piccolo e, quindi, vi ho portato la carta vini più agevole da consultare; quella sarebbe stata troppo ingombrante, ma vi assicuro che i vini sono gli stessi (e fin qui tutto bene…), poi, sa… lei è la sommelier di *********** (noto ristorante stellato della zona)”.
Rimango senza parole.
Sala round three: terzo errore, farsi i ca**i dei clienti in maniera insistente.
La Cameriera, nonostante la nostra evidente ritrosia a rispondere, ha insistentemente chiesto più volte da dove venissimo e le ragioni per le quali ci trovassimo in zona: un vero e proprio terzo grado…
Capisco il voler entrare in sintonia, capisco tutto, ma se il cliente non ha piacere di risponderti, non insistere e fatti i fatti tuoi…
No words…
Passiamo alla cucina.
Ho apprezzato moltissimo la previsione di proposta di un menù, senza primi piatti, integralmente a base di cacciagione (Caccia Reale), tant’è che mi ci sono buttato subito a capofitto.
Purtroppo, come anticipato, la cottura delle carni ha lasciato un pochino a desiderare, rovinando ciò che poteva essere veramente molto interessante.
La prima portata, cinghiale marinato al cipresso, cardoncelli, tartufo nero ed estrazione di ginepro, era decisamente molto buona, con uno splendido carpaccio, tenerissimo, marinato il giusto da esaltare il sapore della materia prima (spoilero che sarà il piatto della serata, forse proprio perché non cotto…).
Di questo piatto, tuttavia, mi ha lasciato perplesso la descrizione entusiastica della Cameriera, laddove ha precisato che vi avremmo trovato del tartufo bianco pregiato di Acqualagna.
Partendo dal fatto che non è più stagione di tartufo bianco pregiato (la cui stagionalità termina verso fine gennaio), del tartufo bianco non s’è vista la minima traccia (visiva). Al più c’era un olio aromatizzato al tartufo, questo sì, ben presente.
Nel phitivier di selvaggina a piume, misticanza amara e jus chasseur il colombaccio era decisamente troppo cotto e, quindi, abbastanza stopposo da affrontare, il che è stato un vero peccato perché il sapore, di per sé, era molto buono. Nemmeno l’umidità interna al phitivier è riuscita ad attenuare la consistenza della carne.
Posso capire che la cottura della carne sia sempre un grande enigma, in quanto non tutti l’apprezzano allo stesso modo, ma così era veramente troppo.
Stessa sorte è toccata al germano reale alla brace, farce a gratin, more del Conero e jus all’ibisco. Anche in questo caso la sovra cottura ha reso la carne abbastanza stopposa, molto di più di quella del colombaccio del piatto prima: la carne, letteralmente, si sgretolava nel tagliarla.
Fortunatamente la paupiette di colombaccio, funghi, lardo di colonnata, fegatini e salsa supreme era cotta benissimo e la carne, anche grazie al lardo, risultava morbidissima e bella umida, un vero piacere per il palato.
L’unica cosa che ho trovato un pochino distonica sono stati i funghi che, non ho ben capito il perché, avevano un retrogusto leggermente (troppo) aciduli.
Onestamente ne avrei fatto volentieri a meno…
Fagiano alla royale, invece, oggettivamente perfetto.
Qualche problemino di cottura anche con la parte da forno della piccola pasticceria, che non ho fotografato e che non ho terminato.
I panificati, nel complesso, non al livello del resto della cena: focaccia tendenzialmente gommosetta e pane sfogliato eccezionalmente unto e indietro di sale (non terminato nemmeno quello).
Come già detto molte altre occasioni, se il coperto è un’aberrazione nel menù alla carta, diventa un crimine contro l’umanità quando si tratta di menù degustazione (per inciso, coperto a 10,00)…